Con la circolare n. 32 del 20 marzo 2023 , l’Inps ha confermato che hanno diritto alle indennità di disoccupazione, ed in particolare alla NASpI , i lavoratori padri che si dimettano nel periodo di congedo di paternità obbligatorio, introdotto dal D.Lgs. 30 giugno 2022, n. 105 a partire dal 13 agosto 2022.
Allo stesso tempo, il D.Lgs. N. 105/2022 ha esteso anche al padre lavoratore la disciplina, prima riservata solo alla madre (o al padre nei casi eccezionali di sostituzione alla madre), sui divieti di licenziamento e dimissioni dalla gravidanza ad un anno del bambino.
Al riguardo è opportuno ricordare che con il D.lgs. 105/2022 è stato introdotto il congedo di paternità obbligatorio: nel periodo da due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, il padre lavoratore deve obbligatoriamente astenersi dal lavoro per almeno dieci giorni lavorativi; tale disposizione si applica anche al padre adottivo o affidatario ed è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio.
Il congedo non è frazionabile ad ore, ma può essere da utilizzare anche in via non continuativa. In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a venti giorni lavorativi. Il congedo di paternità “obbligatorio” è fruibile durante il congedo della madre lavoratrice ed è compatibile con il congedo di paternità “alternativo” (ex art. 28 , D.Lgs. n. 151/2001) e cioè l’astensione dal lavoro del padre, in alternativa per casi eccezionali al congedo di maternità.
Il congedo di paternità di dieci giorni lavorativi è diventato, quindi, un obbligo , imposto al datore di lavoro ed irrinunciabile per il padre lavoratore.
Infine, si evidenzia che gli articoli 54 e 55 del D.lgs. n. 151 del 2001 disciplinano il divieto di licenziamento e le dimissioni della lavoratrice madre e del lavoratore padre durante il periodo di tutela della maternità e della paternità.
In particolare, l’articolo 54, al comma 1, prevede che: “Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino”. Il successivo comma 7, nella sua formulazione integrata dal D.lgs n. 105 del 2022, testualmente dispone che: “In caso di fruizione del congedo di paternità, di cui agli articoli 27-bis e 28, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino”.
Tale ultima disposizione – che già nella sua formulazione originaria prevedeva la tutela del divieto di licenziamento a favore del padre lavoratore in caso di fruizione del congedo di paternità di cui all’articolo 28 del Testo Unico – per effetto della novella di cui al D.lgs n. 105 del 2022 ha esteso la suddetta tutela anche all’ipotesi di fruizione del congedo di paternità obbligatorio di cui al citato articolo 27-bis.
Infine, nell’ipotesi di dimissioni volontarie presentate durante il periodo di divieto di licenziamento, sia la lavoratrice madre che il lavoratore padre possono dimettersi quando vogliono ed hanno diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento e cioè, in particolare, all’indennità sostitutiva del preavviso ; inoltre, gli stessi, in caso di dimissioni, non sono tenuti al preavviso ed hanno diritto alle indennità di disoccupazione.
In conclusione, dunque, con la Circolare sopra richiamata, l’INPS ha definitivamente chiarito il diritto alla prestazione di disoccupazione NASpI anche in caso di dimissioni da parte del lavoratore padre che ha fruito del congedo di paternità obbligatorio, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.
Le domande di indennità di disoccupazione NASpI presentate da lavoratori padri successivamente al 13 agosto 2022 (data di entrata in vigore del decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105) e respinte dall’INPS nelle more della pubblicazione della Circolare n. 32 del 20.03.2023, potranno essere oggetto di riesame, su istanza di parte, da trasmettere alla Sede INPS territorialmente competente.