Infortunio Sul Lavoro: è Configurabile in Caso di Lesione Provocate da Terzi?

Si considera infortunio sul lavoro l’evento occorso al lavoratore per causa violenta in occasione di lavoro e da cui sia derivata la morte o l’inabilità permanente al lavoro (assoluta o parziale), ovvero un’inabilità temporanea assoluta che comporti l’astensione dal lavoro per più di tre giorni.

E’ violenta la causa che con un’azione rapida e concentrata nel tempo è in grado di vincere la resistenza dell’organismo umano provocando una lesione (nella maggior parte dei casi, si tratta di una causa traumatica, ma può anche essere di altra natura -ad esempio elettrica (folgorazione)-).

Per occasione di lavoro devono intendersi tutte le condizioni, comprese quelle ambientali, in cui l’attività produttiva si svolga e nella quale sia immanente il rischio di danno al lavoratore (ovvero qualsiasi situazione ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto).

Sulla nozione di “occasione di lavoro”, la giurisprudenza di legittimità precisa che tale condizione si realizza ogniqualvolta lo svolgimento di un’attività lavorativa, pur non essendo la causa, costituisce l’occasione dell’infortunio e cioè quando determini l’esposizione del soggetto protetto al rischio di esso, dando luogo ad un nesso eziologico, seppur mediato e indiretto.

In estrema sintesi, dunque, la giurisprudenza ha affermato che “Ai fini della configurabilità dell’infortunio sul lavoro, non è sufficiente che sussista la causa violenta e che tale causa abbia coinvolto l’assicurato nel luogo ove egli svolge le sue mansioni – comprensivo del percorso da e per il lavoro- ma è necessario che tale causa sia connessa all’attività lavorativa, nel senso cioè che inerisca a tale attività o sia, almeno, occasionata dal suo esercizio (Cassazione civile, Sez. lav , ordinanza 25 settembre 2023, n. 27279)”.

Pertanto, deve escludersi l’occasione di lavoro nell’ipotesi di fatti delittuosi provocati da terzi, in alcun modo connessi con il lavoro.

In tal caso, infatti, la “mera presenza” dell’infortunato sul posto di lavoro e la coincidenza temporale dell’infortunio con la prestazione lavorativa possono costituire soltanto un “indizio” della sussistenza del rapporto “occasionale” e non la prova di esso, posto che non può escludersi che l’evento dannoso sarebbe stato comunque consumato dall’aggressore, ricercando l’occasione propizia anche in tempo e luogo diversi da quelli della prestazione di lavoro (in argomento, v. Cass., sez. un., n. 17685 del 2015, in continuità con l’orientamento espresso in precedenza, tra le altre, da Cass. n. 13599 del 2009).

In conclusione, deve affermarsi che la protezione assicurativa e solidaristica prestata dall’INAIL incontra il limite del “pericolo individuale”, nel senso che la stessa si arresta in presenza di una situazione di rischio personale alla quale solo la vittima è esposta, ovunque si rechi o si trovi, perché ingenerata da motivi individuali ed extralavorativi.

Ne deriva, dunque, che la tutela non consegue alla mera circostanza che l’infortunio si sia verificato nel tempo e nel luogo della prestazione lavorativa, occorrendo, invece, come requisito essenziale “la sussistenza del nesso tra il lavoro ed il rischio, nel senso che il lavoro determina non tanto il verificarsi dell’evento quanto l’esposizione a rischio dell’assicurato” (Cass. n. 32473 del 2021).

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