Prima di entrare nel merito della questione, appare utile premettere che, in materia di responsabilità civile, la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale (affermata dalle c.d. “sentenze di San Martino” del 2008 -segnatamente, v. Cass., Sez. Un., n. 26972 del 2008) deve essere interpretata nel senso che esso può riferirsi a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica, con conseguente obbligo, per il giudice di merito, di tenere conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze “in peius” derivanti dall’evento di danno e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici; ne deriva che, a fini liquidatori, si deve procedere ad una compiuta istruttoria finalizzata all’accertamento concreto e non astratto del danno, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, valutando distintamente, in sede di quantificazione del danno non patrimoniale alla salute, le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera interiore, c.d. danno morale, rispetto agli effetti incidenti sul piano dinamico-relazionale (che si dipanano nell’ambito delle relazioni di vita esterne), autonomamente risarcibili (sul danno non patrimoniale si v., Cass., n. 901 del 2018, n. 23469 del 2018).
Con specifico riguardo alla nozione di danno biologico nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (e ai relativi rapporti con le altre voci di danno rientranti nella categoria del danno non patrimoniale), la Suprema Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che “vi sono alcune voci escluse in apicibus dalla copertura assicurativa INAIL(cd danno complementare, definizione pure differenziale qualitativo, in relazione al quale non sussiste copertura assicurativa INAIL): il danno biologico temporaneo, il danno biologico in franchigia (fino al 5%,), il danno morale” (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 28/11/2018) 02-04-2019, n. 9112).
Invero, l’art. 13 del D.Lgs., n. 38 del 2000 include nell’indennizzo erogato dall’INAIL esclusivamente il danno biologico, inteso come -lesione – pari o superiore al 6% – all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona” valutata secondo una specifica Tabella delle menomazioni (ossia delle percentuali di invalidità permanente, redatta dal Ministero del Lavoro) “comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali”.
Se, dunque, la definizione di danno biologico che si ricava dal D.Lgs. n. 38 del 2000 comprende sia la lesione statica che le ripercussioni dinamico-relazionali nella vita del danneggiato, dalla nozione legislativa appaiono senza dubbio escluse voci che concorrono pur sempre a costituire il danno non patrimoniale: le lesioni all’integrità psicofisica di natura transitoria (il danno biologico temporaneo), le lesioni sotto una determinata soglia minima, il danno morale ossia la sofferenza interiore (ad esempio il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sè, la paura, la disperazione) che non ha base organica ed è estranea alla determinazione medico-legale.
Considerato, dunque, che la nozione di danno biologico in senso omnicomprensivo, quale lesione alla salute, comprende, secondo i criteri civilistici, la lesione medico legale (ossia la perdita anatomica o funzionale), il danno dinamico-relazionale (sia nei suoi aspetti ordinari, comuni a qualunque persona con la medesima invalidità, sia in quelli peculiari, specifici del caso concreto), e tutti i conseguenti pregiudizi che la lesione produce sulle attività quotidiane, personali e relazionali (cfr., da ultimo, su tale nozione, Cass., Sez. III, n. 7513 e n. 23469 del 2018), può ritenersi, in ossequio alla nozione unitaria di danno non patrimoniale, correttamente comparabile il danno biologico, valutato in senso civilistico, con l’indennizzo del danno biologico liquidato dall’INAIL ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, trattandosi di poste omogenee.
In sintesi, è possibile affermare che il raffronto tra risarcimento del danno civilistico ed indennizzo erogato dall’INAIL va effettuato secondo un computo per poste omogenee: vanno, dapprima, distinte le due categorie di danno (patrimoniale e non patrimoniale); il danno patrimoniale calcolato con i criteri civilistici va comparato alla quota INAIL rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato (volta all’indennizzo del danno patrimoniale); in ordine al danno non patrimoniale, effettuato il calcolo secondo i criteri civilistici, vanno, dapprima, espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) che spettano interamente al danneggiato e, poi, dall’ammontare complessivo del danno non patrimoniale così ricavato (corrispondente al danno biologico) va detratto (non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo) il valore capitale della quota della rendita INAIL destinata a ristorare, in forza del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, il danno biologico stesso.
Le considerazioni sin qui esposte sono state confermate, di recente, dalla Cassazione con ordinanza 24 ottobre 2022, n. 31332